Ara sa terra, massaju, ca est ora de arare...



domenica 22 luglio 2012

Dispaccio numero uno






E' passata una settimana dall' arrivo a Bangalore e il tempo trascorso non e' stato sufficiente ad elaborare in qualche forma il carico di immagini e sensazioni degli ultimi giorni. Mi sembra di avere trascorso un mese o piu' in questa citta'. La vita in California, gli spazi aperti dell' Ovest degli Stati Uniti, le scatole di cartone pronte per il trasloco, Portland e le sue bici,  Dubai sotto una tempesta di sabbia... le immagini di sei mesi si impastano insieme come se l' eccesso di stimoli avesse mandato in tilt la mia memoria a breve termine. In questi giorni  pure attraversare la strada mi genera a volte un senso di sconforto, altre volte invece navigo spinto da un forte entusiasmo e allegria per essere immerso in questo caos ed essere circondato da persone sempre gentili e disponibili.
Non ho trovato le energie necessarie per scrivere di questa fase iniziale della vita in India, cosi' ho provato a fare un piccolo filmato con il telefono, giusto per dare un' idea di che cosa sia la citta'. Domenica mattina abbiamo deciso di prendere un rickshaw e farci portare dall' altra parte della citta', nella speranza di capire meglio dove fossimo finiti. Con nostra meraviglia siamo alla fine arrivati in un parco con alberi di loto e scimmie e siamo pure riusciti a mangiare in un ristorante al bordo della strada, senza morire di dissenteria!
Non ho fatto nessun editing e i due minuti di immagini mosse (e forse un po' noiose) potete prenderle come un' elogio dell' entropia, della capacita' di adattarsi ai cambi della vita e soprattuto inno all' Ape a tre ruote, vero orgoglio nel mondo del design Itagliano!

sabato 14 luglio 2012

Domenica al velodromo




Una Domenica mattina al velodromo, a fare qualche foto per un amico che gareggia ai campionati dell' Oregon di ciclismo su pista. La pista e' in cemento, costruita all' interno di un caseificio che, per ragioni oscure, ha voluto donare il velodromo alla citta'.  Ci sono atleti di tutte le eta', persino un paio di gentiluomi oltre i sessanta anni, a spingere e sudare insieme a ventenni coperti di tatuaggi e orecchini.
Il prato all' interno dell' anello e coperto da ombrelloni e l' aria e' riempita dal rumore dei rulli per il riscaldamento, dal ronzio delle ruote che accellerano sulla pista e dai rintocchi della campana che segnala l' ultimo giro.
Non ho mai pedalato su pista e solo da poco ho capito le regole della competizione. Andare a quarantacinque chilometri all' ora su una pista inclinata a quarantatre gradi mi sembra un buon modo per perdere i denti. Eppure  provo subito un senso di comunanza e rispetto per tutti quegli atleti, senza sapere nemmeno il perche'. Mi accorgo che il mio battito cardiaco aumenta all' improvviso quando i ciclisti entrano insieme in curva, si sfiorano e poi spingono per lo sprint finale. Applaudo e faccio il tifo per persone che non mai visto in vita mia e mi esalto quando due atleti si gettano sulla linea d' arrivo al filo, dopo avere dato tutto fino all' ultimo.
Tornato a casa, mentre scelgo le foto e ripenso alla mattinata trascorsa, capisco finalmente il perche' di tutto qull' entusiasmo e passione, di solito da me riservata per altro. La pista, le ruote, gli sprint finali  sono solo la parte parte superficiale dello sport. Nella fatica, nella competizione, nel rischio delle cadute e scontri in velocita' ho visto in realta' un distillato del bushido, "La Via del Guerriero", il codice morale dei samurai,  nella loro ricerca di onore, rettidutine, corraggio e rispetto.
Solo cosi posso spiegare come il mio amico Tim, a quantadue anni e nove ore di turni quotidiani al tornio da falegname, riesca a svegliarsi ogni giorno alle cinque del mattino per allenarsi. O  come molti atleti, pur senza assicurazione medica (siamo in America, mica nell' Europa del Socialismo!) siamo disposti a rischiare una caduta e le spese dell' ospedale, pur di competere al massimo e al meglio. Nei pochi secondi di un giro di pista ci sono condensati anni di sacrifici e sogni che riempiono spesso vite "normali". E io credo che in fondo siano i sogni e la passioni pure improbabili a matenerci vivi e a rendere il mondo un posto piu' ricco e migliore.