Ara sa terra, massaju, ca est ora de arare...



lunedì 19 settembre 2011

Viva la "Vecchia Scuola"





"Damn it ! This is really Old School!.... I Don't think I'm Old School enough for it"


Mi ritrovo a cercare nell' imbrago una protezione della misura giusta. E' la terza volta in mezzo minuto che ripeto questo inutile gesto. E' una di quei movimenti dettati dallo stress o panico. Un po' come smagnesarsi le mani in continuazione. Il problema e' che so gia' che nell' imbrago non ho niente per proteggere la fessura in cui ho incastrato il ginocchio sinistro, unica cosa tra me e una decina buona di metri di volo. Non e' il volo, ma e' l' atterraggio su un terrazino sotto a preoccuparmi. Portare protezioni fino a tre pollici diceva la guida, scritta forse alla fine degli anni ottanta. Avrei bisogno almeno di una da cinque...Ci sara' stato un motivo se la via "5.9 Old School" non era nelle edizioni aggiornate. Non so nemmeno se siamo sula via giusta, tanto vaga era la descrizione sulla guida.
Mi accorgo che sto entrando in "Panic Mode" e ondate di pensieri inutili stanno iniziando ad intasare il sistema centrale. Inizio a cercare disperatamente una tacca da strizzare e tentare l' impossible... salire in stile "sport climber" . Dopo anni a cercare di imparare le geometrie di incastro piu' varie, sto regredendo allo stato di topo da falesia e sto sognando la "reglette". Maledico la "Old School", le loro dannate fessure larghe, la loro maestria nel salire senza mettere protezioni, perche' tanto nelle off-with o nei camini e' impossibile cadere. Melo ripeto mentalmente ogni volta che cerco di spostare il peso e sento la gravita' che mi tira giu'. Dopo dieci minuti di inutile spreco di energia mentali, mentre sto ancora con il mio ginocchio dentro la fessura, nel turbinio di pensieri inutili mi viene in mente che la notte prima ho rischiato una multa di trecento dollari perche' dormivo su un posto non autorizzato. Il ranger mi ha graziato, non so nemmeno per quale ragione. Al pensiero del rischio corso, la mia taccagneria risveglia un meccanismo di difesa e avviene il miracolo!

Capisco allora che tutta la gamma di emozioni che mi stanno passando per la testa, sono io ad averle cercate. Sono io che ho guidato cento ottanta miglia di notte, che ho fatto due ore di approccio, che ho rischiato la multa esattamente per essere qui ed ora. Questo semplice pensiero mi aiuta a rimettermi in asse. Se trenta anni fa ci sono passati senza scarpette, senza imbrago e senza una corda elastica, allora posso passare anche io. Infilo tutto il braccio dentro la fessura, il gomito e palmo della mano a formare un arm bar. Premo e sento che tiene. Sollevo il ginocchio. Ripeto il movimento quattro-cinque volte finche' non riesco a trovare un incastro per tutto il pugno. Il resto del tiro va via veloce. In sosta i miei sentimenti per la "Old School" sono ormai cambiati. Sento un senso di riconoscenza per quei visionari che, con pochi mezzi, hanno creato dei veri gioielli su roccia. Lasciando intatto, o almeno in gran parte immutato, il senso dell' avventura e della sfida per le generazioni future.



(Nella foto Chuck Pratt. La foto e' stata scattata da Doug Robinson nel 1967, e' presa da www.supertopo.com. E' un mirabile esempio, ad Indian Creek, dello stile dell' epoca. )

venerdì 2 settembre 2011

Where men win glory




"Non per un palmo di terra abbiamo sacrificato le nostre giovani vite, ma per un piu' alto ideale di liberta' e giustizia... e ci hanno fregato" (E. Lussu)


Where men win glory: the odyssey of Pat Tillman. (  Dove gli uomini diventano eroi: l' odissea di Pat Tilman) e' il titolo del libro di John Krakauer dedicato a Pat Tillman, giovane ventenne americano morto in battaglia in Afganistan nel' Aprile del 2004. Pat Tillman era un giocatore di football professionista con una carriera di successo. Decide di arruolarsi nel Rangers dell' esercito americano dopo l 'attacco alle torri gemelle, rinunciando ad un ingaggio di circa quattro milioni di dollari con i Cardinals e dopo pochi mesi dal suo matrimonio.  Dopo un periodo in Iraq, viene mandato in Afganistan dove viene ucciso da "fuoco amico" durante una battaglia.

Ci sarebbero tutti gli stereotipi per una storia patriotica americana: l' undici settembre, il giovane atleta, l' eroe in battaglia. E con questi pregiudizi avevo anche iniziato a leggere il libro, meravigliato che Krakauer avesse scelto un simile soggetto per una inchiesta... Ovviamente mi sbavagliavo. Tillman e' tutto fuorche' un eroe unidimensionale, da cartolina patriottarda.
Cresciuto in una famiglia liberale, appassionato di politica e letteratura, ateo e fortemente critico della cultura "da caserma" e del militarismo. Si arruola nei corpi speciali dell' esercito pensando che sia la cosa giusta da fare, come contributo di riconoscenza per la sua nazione o meglio per quei valori di liberta' e giustiza che pensa siano alla base degli Stati Uniti. Tilmann era un uomo di azione e non sopportava i vuoti discorsi di molti suoi colleghi sul supporto alle truppe... pensa cosi' che arruolarsi sia l' unico modo per tenere fede alla sua visione della vita e al suo senso dell' onore. Si accorge pero'  dell' inganno gia' dopo poche ora in caserma e l' invasione dell' Iraq non fara' che crescere il suo criticismo all' amministrazione Bush.  Amministrazione che cerchera', fino dopo la morte di Tillman, di usarlo come arma di propaganda a favore della guerra, nascondendo alla famiglia e a tutta la nazione le dinamiche della suo decesso e dichiarandolo morto per mano dei talebani...

Krakauer fa ampio uso di parti del diaro personale di Tilmann e di tutta la documentazione ufficiale desegretata solo negli ultimi tre anni. Ne esce un ritratto toccante di  un giovane uomo, il dramma della nazione Afgana e tutto lo squallore morale del potere politico a Washington.
A dieci dall' undici Settembre, un libro da leggere come antidoto contro tutte le vuote parole sulla guerra al terrore e sui valori occidentali...