Ara sa terra, massaju, ca est ora de arare...



giovedì 21 aprile 2011

Nel cuore della notte...


Il bisogno di andare al bagno mi sveglia in piena notte. Saranno le due circa. Cerco di ignorarlo mentre mi concentro sul solito dibattito interiore, se sia meglio trattenerla fino al mattino o uscire dal sacco a pelo, disperdendo cosi' prezioso calore. Ogni volta mi chiedo perche' nel comfort delle mure domestiche non si manifesti mai questa incontinenza notturna.
Alla fine resistere e' inutile, non si sfugge alle leggi dell' idraulica. Per pigrizia non mi infilo le scarpe e mi metto a camminare scalzo sulla neve, percorrendo la minima distanza dal giaciglio. Se avessi piazzato la tenda almeno potevo stare con i piedi asciutti e farla dentro la bottiglia. Mentre mi sforzo di fare il prima possibile, un pensiero mi passa per la testa "...che bello sarebbe avere una falesia sportiva, vicino a casa, con avvicinamento veloce, soste attrezzate e chiodatura ascellare". Il pensiero dura un istante, giusto il tempo di ritornare nel sacco a pelo e cercare di riprendere sonno, senza successo. Mentre mi rigiro e cerco di trovare la posizione meno scomoda penso che forse tutto questo non ha molto senso. A guardare la scena da fuori, si vedrebbero infatti due uomini adulti, sopra i trenta, che dormono nei sacco a pelo in mezzo alla neve, sul bordo della strada, vicino ad una macchina con la carrozzeria tenuta insieme dal nastro adesivo. I due hanno guidato di notte per quasi tre ore, per esseri freschi al mattino. Per arrampicare al meglio, almeno pensano.


Il giorno dopo, inziamo a scalare presto, tutto scorre fluido, c'e' il sole a scaldare un granito giallo e arancio mentre saliamo su una linea nuova, saremmo forse la terza cordata a ripeterla. Allora mi dimentico della macchina, del guidare e del freddo ai piedi e tutto diventa perfetto. E anche quando le gambe iniziano a muoversi come Elvis, l' ultima protezione e' lontano, quando salgo un tiro con poco nell' imbrago, "che tanto mi sembra facile" e poi ho tutte le misure sbagliate e penso che si "in fondo, uno spit poteva starci...", quando la strizza mi fa ritirare con la coda tra le gambe, anche in quei momenti mi sembra tutto grandioso.


Continuo a sognare una falesia di calcare coperta di spit, con ampio e comodo parcheggio. Ma so anche che se non fosse per le notti nel sacco a pello, la ferraglia nell'imbrago, il caffe' nel fornellino, le mani mangiate dal granito, i viaggi in macchina di notte, gli strizzoni su vie sottogradate ... il gioco che e' l' arrampicata sarebbe meno divertente.

giovedì 7 aprile 2011

Nucleare III

Segnalo video divulgativo interessante.
Rubbia espone il possibile uso del Torio come combustibile nucleare.

mercoledì 6 aprile 2011

Nucleare II

Per la serie cambi di prospettiva ( o idee confuse, scegliete voi ).
Nel precedente post mela cantavo sul bisogno di fare ricerca per investigare meglio i cicli del combustibile nucleare. La ricerca pare essere sempre cosa nobile... ma mi ero scordato di controllare quanto costa e quanto viene speso al momento.

"Of the $135.4 billion spent on energy research and development from 1948 to 2005 (in constant 2004 dollars), more than half, or $74 billion, went to nuclear energy, while fossil-fuel programs received a quarter, or $34.1 billion. The leftovers went for alternatives, with renewable getting $13 billion, or 10 percent, and energy efficiency $12 billion, according to a Congressional Research Service report written in 2006. "

meno del 20% del budget va per efficienza energetiche e fonti rinnovabili. La ricerca nucleare si prende gia' il 54% dei fondi, con risultati che non sembrano dei migliori...

Mi sa che e' il caso di rivedere il bilancio di spesa, se si vuole realmente cambiare la situazione...

www.nytimes.com/2009/03/18/opinion/18cooke.html


e il piu recente

economix.blogs.nytimes.com/2011/03/28/renewing-support-for-renewables/

domenica 3 aprile 2011

Nucleare

Tempo fa promisi di scrivere dei piccoli post sul nucleare. In effetti avevo collezionato parecchio materiale, senze pero' riuscire a riorganizzarlo in modo organico e succinto. Vinto da un misto di pigrizia e mancanza di tempo, segnalo almeno un interessante studio fatto dal MIT sul futuro dei cicli del combustibile nucleare.

Alla luce di quanto accaduto in Giappone e dopo la lettura del report interdisciplinare del MIT, mi sembra chiaro che ci siano due aspetti che remano in direzione opposta e poco conciliabile
-la tecnologia nucleare e' relativamente giovane e sono necessari ancora studi per capire come usare in modo efficiente combustibile e processari gli scarti. La ricerca costa e ha tempi lunghi.
-la necessita' di "fare soldi" subito, di produrre energia a prezzi competitivi non va d'accordo con la sicurezza e la ricerca. Considerati i costi di costruzione, gestione e sicurezza degli impianti e smantellamento poi degli stessi, al momento il nucleare non e' una tecnologia in cui investirei il mio denaro.

Se una tecnologia per la produzione di energia ha bisogno di forti sovvenzioni statali per sopravvivere, significa che non e' matura ed e' giusto che venga accantonata (almeno nei suoi aspetti commarciali) fino a che non lo diventi. Solo nei casi di ampia disponibilita' del materiale primo (uranio), vasti spazi a bassa densita' demografica, penso che il nucleare possa essere gia' da ora una possibile fonte energetica.

Carbonio profondo




Il petrolio e' un elemento centrale delle nostre esistenze. Non c'e' persona che viva nei paesi industrializzati che possa negare una dipendenza dagli idrocarburi (catene di carbonio e idrogeno, componente primaria del petrolio). Persino chi rifiuta il paradigma di trasporto basato sull' auto privata, deve piegarsi al fatto che il petrolio e' alla base di quasi tutte le produzioni industriali. Agricoltura e trasporti sono tra i settori dove questa dipendenza e' piu' accentuata. Nonostante il ruolo centrale che i composti del carbonio giocano nella nostra esistenza, abbiamo una conoscenza piuttosto scarsa del modo in cui il pianeta terra processi questo tipo di materiali. In altre parole non sappiamo molto dei cicli del carbonio, del modo cioe' in cui il carbonio e' distribuito nel pianeta e la natura ed estensione di questi giacimenti. Nessun progetto esplorativo e' andato mai sotto i 12 Km (la terra ha un raggio di 6000 Km), anche se esistono progetti di perforazione per arrire al Moho, la regione tra crosta e matello. Parecchio e' stato fatto per capire le interazioni crosta terrestre-atmosfera, ma ci sono ormai molte evidenze che il sistema Terra e' piu' complicato e scambi di sostanza tra atmosfera e mantello giochino un ruolo importante nei cicli del carbonio.

Il petrolio e' considerato un prodotto dell' effetto combinato di batteri e temperatura su materiale organico (piante e animali) che milioni di anni fa ricopriva il pianeta. Molteplici evidenze sembrano supportare questa teoria, anche se diversi punti rimangono aperti e non chiari. Una seconda formulazione considera il petrolio di origine abiogenica, cioe' derivante non da materiale organico ma dall' interazione di rocce con acqua. La teoria, formulata in URSS negli anni quaranta del secolo scorso, e' sempre stata considerata eretica e solo intorno agli anni novanta sono stati prodotti risultati scientificamente accurati che ne supportavano diversi aspetti.

Se pensiamo che metano (molecola con un solo atomo di Carbonio) e altri idrocarburi si trovano in pianeti privi di foreste o animali (Titano , Giove), non e' cosi' assurdo pensare che un meccanismo abiogenico possa avere generato una parte (seppur minima) del petrolio. Il punto centrale e' capire come, quanto e la rilevanza per scopi commerciali. Gli esperimenti ad alta pressione e temperatura (2000 gradi e 5 GPa) possono essere piuttosto complicati, cosi' simulare al computer le reazioni e' una valida alternativa. Negli ultimi due anni ho studiato come dal metano si potesse arrivare a formare catena di idrocarburi, simulando le condizioni del mantello superiore, in una zona della terra compresa tra i 30 e i 300 Km.
Il risultato finale (disponibile gratis sui Proceeding of National Academy of Science ) e' piuttosto affascinante: alle condizioni di pressione e temperatura del mantello e' possibile trasformare il metano in catena di idrocarburi. Risultato non ovvio, visto che in condizioni di pressione "normali" e sopra i 800 Kelvin, il metano tende a separarsi in idrogeno e carbonio.

Questo non significa "petrolio senza fine", ma e' un tassello importante per capire i depositi di carbonio e idrocarburi nel pianeta. Problemi aperti rimangono come questi idrocarburi possano muoversi in superfice senza decomporsi o l' interazione con rocce di natura ferrosa o in generali con ossidi. E' possibile cioe' che le catene di idrocarburi possano distruggersi durante la depressurizzazione o per interazione con ossigeno, largamente presente nel mantello. Siamo cioe' lontani dal capire l' impatto sulle reali riserve di gas e petrolio, anche se diversi studi sul campo indicano l' esistenze di depositi di natura abiogenica (per esempio i depositi turchi del "Olimpic Chimaera fire"). Una ipotesi e' per esempio il trasporto tramite fratture mantello-crosta, ipotesi pero' da verificare.

Studi del genere non salveranno la specie umana, ma aiuteranno a capire il pianeta nella sua interezza, pianeta in fondo che e' l' unico che abbiamo.

Edit: un interessante commento al lavoro si puo' trovare anche qui