Ara sa terra, massaju, ca est ora de arare...



domenica 16 marzo 2008

Decrescita e sensi di colpa

Da anni cerco di seguire nella mia quotidianita' i dettami della decrescita, riducendo al minimo i consumi o riflettendo con cura su cosa comprare e consumare. I maligni sghignazzano, dicendo che in fondo ho solo dato una copertura economico-politico ad una atavica tendenza alla moderazione o al risparmio tipica delle mie origini contadine. L' idea di una esistenza a impatto zero e' diventato un progetto molto arduo da quando vivo in California, nonostante su molto giornali questa terra venga descritta all' avanguardia per politiche ambientali. Dopo una notte passata allo Sheraton di Dallas, a spesa di American Airlines, in un albergo immenso tenuto a temperature polari, pieno di tutto l' inutile immaginabile, il senso di colpa mi ha portato a scrivere queste righe.
In ogni momento della mia giornata devo venire a compromessi con quello che invece sarebbe lo stile di vita giusto e il risultato finale e' un misto di senso di colpa e di superiorita' per le scelta del quotidiano. La scelta vegetariana e' facilmente praticabile. Posso comprare prodotti agricoli coltivati localmente, pure biologici. Eliminare la carne, le uova e il latte non e' particolarmente complicato. Non compro da una vita prodotti surgelati o inscatolati. Cerco di limitare al massimo i prodotti alimentari che hanno subito trasformazioni. Tutto semplice finche' non si decide di mangiare fuori o di mettere il naso fuori dalla California.... sono stato per esempio la settimana scorsa a New Orleans e mi sono piegato mangiare il pesce, unica opzione a basso impatto (li il piatto tipico e' l' alligatore, allevato in batteria come i polli...). Nel resto degli stati uniti l' opzione cibo a basso impatto e' una chimera. L'altra complicazione e' la vita mondana-sociale: bere un caffe' in compagnia implica che devi sobbarcarti il costo ambiantale di contenitore in plastica e cartone, visto che e' rara l' opzione della tazza in ceramica. insomma se abbassi il livello di guardia finisci subito per inquinare. La vera nota dolens sono i trasporti. Uso la bici ogni giorno, ma basta un solo volo per vanificare ogni sforzo quotidiano. Nelle ultime ventiquattro ore, dieci le ho trascorse su di un aereo: pare che non ci sia alternativa per andare da un posto ad un altro, se non quella di stare fermi nello stesso posto. Forse la tecnologia potrebbe limitare di molto i viaggi, ma pure li' ci sarebbe comunque il costo ambientale per produrre la tecnologia stessa. Il trasporto pubblico e' inesistente o quasi e la geometria dei luoghi e' disegnata sulle esigenze dell' automobilista e non del ciclista-pedone. Benche' io non usi il riscaldamento e non abbia il condizionatore, la quantita' di energia elettrica che va via per il mio lavoro, per far funzionare i cluster su cui brucio cpu, pareggia ampiamente il conto finale (basta entrare una volta in una sala macchine di un centro di calcolo, per avere idea dell' energia spesa per produrre cifre significative in un conto...).

Insomma nonostante abbia cercato di fare dell' essenziale e del vuoto il mio
faro guida nelle scelte dello stile di vita, a guardare bene ci vorrebbero comunque tre pianeta terra e mezzo se tutti facessero il mio stile di vita...

http://www.earthday.net/footprint/

il dramma e' che non so pero' su cosa tagliare, a meno di non decidere di cambiare lavoro e fare vita ritirata e fortemente stanziale. Anche andare ad arrampicare in posti lontani incide in modo negativo sul bilancio finale.

Un amico, a cui ho fatto l' errore di regalare Collapse di J. Diamond
si e' cosi convinto che ormai tanto vale bruciare tutto e in fretta, cosi' ci togliamo il pensiero... credo che un quinto del genere umano sia seguendo questo consiglio, pure senza avere letto il libro. L' Apocalisse e' forse vicina... non cavalette ma orde di consumatori obesi ne sono un segno...

5 commenti:

edoardo ha detto...

credevo di essere il più pessimista al momento, ma mi sbagliavo, anche tu non scherzi.
La verità sta nel mezzo.E' vero che ci sono troppi sprechi e che si potrebbe vivere bene con molto meno, ma non bisogna esagerare! Mi risulta che ci siano varie forme di energia rinnovabili: si tratta di puntare su quelle e cercare di non produrre ed utilizzare materiale non riciclabile. Per quanto riguarda l'essere vegetariano non ne discutiamo nemmeno, è una scelta personale rispettabilissima. certo, da scienziato mi lascia un po perplesso che non accetti il fatto che la "macchina uomo" sia nata per poter utilizzare sia combustibile vegetale che animale, ma, ripeto, rispetto la tua scelta.

GiMi ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
GiMi ha detto...

Sono io l´amico a cui hai ¨commesso l´errore¨ di regalare Collasso? o ce n´e´ anche un´altro che e´ giunto alle medesime conclusioni?

E perche´ poi ¨errore¨?

Mi sembra che in questo tuo post stia venendo dalla mia parte (alla quale per altro sono approdato piuttosto di recente, essendo prima totalmente dalla tua, e sono pronto ad abbandonarla quando qualcuno sara´ in grado di convincermi a farlo) ... o mi sbaglio?

A parte Collasso, che e´ pure piu´ ottimistico di me, soprattutto nel finale, a me basta leggere qualcosa sulla Cina, il suo modello di sviluppo e soprattutto di quanto aumentano le emissioni cinesi in un anno, per perdere ogni speranza. Poi c´e´ l´India, il Brasile e naturalmente gli USA, il Canada e noialtri europei con la puzza sotto il naso.

Non mi resta che attendere il collasso e sperare.

leonardo ha detto...

Caro Beppe, beh certo che eri tu il convertito al fatalismo finale.
Hai ragione quando dici che di fronte ai consumi dei paesi emergenti, spegnere una lampadina o andare in bici puo' quasi sembrare ridicolo. Io pero' credo nel potere dei gesti del quotidiano, e nella possibilita' che un cambio di vita qui possa influenzare non solo le scelte
nella vecchia europa ma anche lo sviluppo
in Cina o in India. Ti ricordo che la Cina ora produce i beni , piu' o meno inutili, per un occidente ingordo e sprecone. Immagina cosa succederebbe se cambiasse solo lo stile dei consumi in occidente.
Il termine "paese in via di sviluppo" a me fa orrore, pero' riconosco che e' stato l' occidente grasso a vendere quel modello di sviluppo, cosi' come ora avrebbe ancora la possibilita' di "esportare" modelli differenti dall' industrializzazione selvaggia o dal "tutti in auto". Per questo penso che, seppure inmodo limitato, i gesti del quotidiano servano a orientare scelte politiche che vanno al di la' del quotidiano. E poi per me e' pure una scelta egoistica: a me sprecare tempo nel traffico, mangiare carne agli ormoni o rimpiermi la casa di cazzate non mi piace molto...

GiMi ha detto...

Vorrei tanto crederti Leo, e per alcuni secondi dopo che leggo le tue parole effettivamente ti credo; ma poi penso: questi le cianfrusaglie piu' o meno inutili tra poco se le comprano da soli.

Vorrei credere che se noi cambiamo il modello di sviluppo poi loro ci seguono come ci hanno seguito fino a ora. Pero' una cosa e' proporre un modello di sviluppo con piu' giocattoli, tempo libero, sesso, cibo facile e veloce er tutti, un modello di facile accesso ai generi di prima necessita', magari di scarsa qualita' e poi un sacco di droghe piu' o meno indirette per il cervello.
Un'altra cosa e' proporre valori differenti, una ricerca dei piaceri piu' lenta magari fonte di soddisfazioni piu' grandi, ma non ora, dopo: e' innegabile che, a prima vista, questo secondo modello sia tremendamente meno appetibile e si e' tentati di scegliere il primo.

Io ho l'impressione che se e' vero, come credo io e come credi anche tu, che il modello "fast food" davvero non e' sostenibile, la stragrande maggioranza della gente finira' per accorgersene quando per molti sara' troppo tardi.